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“Questo è il mio quarto anno negli Stati uniti, ho passato due anni in Florida in un Junior College (Indian River State College) e ora sto finendo i miei ultimi due anni in Missouri a Park University. Questa esperienza mi spaventava inizialmente e ora che ho quasi finito posso dire quanto sia contenta di averla fatta. Si è rivelata la scelta migliore che io potessi fare e grazie a questo ora ho degli amici meravigliosi in tutto il mondo e ho arricchito il mio bagaglio culturale. La parte accademica è completamente diversa dall’università italiana perché hanno un approccio più pratico alla materia rispetto a noi. Per esempio, io mi sto laureando in biologia e sto passando molto tempo in laboratorio, specialmente questi ultimi due anni, e mi sono resa conto quanto questo sia importante, dato che mi piacerebbe lavorare in un futuro nel mondo della ricerca. Dal punto di vista pallavolistico ho notato che gli allenatori americani tendono a concentrarsi di più sul concetto di squadra e sulla parte mentale e tattica del gioco più che sulla tecnica. Ho cambiato ruolo a metà percorso (da banda a libero) ed è stato difficile all’inizio ma poi mi sono ritrovata perfettamente nel mio nuovo ruolo e sono più felice che mai. Lo scorso semestre abbiamo vinto il nostro campionato ed è stata un’esperienza meravigliosa, e in più condividere questa gioia con persone che ormai considero le mie migliori amiche ha reso il tutto più bella e più importante per me. In campo ho alcuni dei ricordi migliori che porterò con me per sempre”. Invece di presentarla noi, abbiamo lasciato libero spazio a lei di parlare ed introdurre la sua intervista.

In queste prime parole Irene Verdino ci ha riassunto ciò che sta vivendo negli States.

Quando hai deciso di intraprendere questa esperienza ed in cosa ti ha supportato lo staff Sportlinx360?

Ho deciso di iniziare questa esperienza durante il mio quarto anno di liceo e ci siamo subito rivolti a Sportlinx360 per capire meglio cosa fosse e in caso quali sarebbero stati i primi passi.  Lo staff è stato fondamentale perché sono stati in grado di spiegarmi perfettamente cosa avrei dovuto fare e mi hanno assistito in ogni cosa, specialmente con la documentazione che può essere complicato. Allo stesso tempo ho apprezzato il fatto che sono sempre stati molto trasparenti con me e non abbiano mai nascosto le parti difficili di questa esperienza così che io potessi decidere coscientemente. Mi hanno indirizzato verso lo Showcase che è stato fondamentale nella mia decisione e incoraggerei chiunque stia pensando di fare questa esperienza a partecipare a uno degli showcase perché è organizzato molto bene ed è un assaggio di cosa aspettarsi dal punto di vista pallavolistico. Anche dopo essere partita sono stati molto presenti e sono stati fondamentali quando mi sono trasferita nella scuola in cui sono ora.

Qual è stato il tuo primo impatto appena arrivata in America. Cosa ti ha sorpreso di più e quali le principali difficoltà?

Le prime settimane in America sono state complicate, specialmente perché non ero mai stata così tanto lontana da casa e non sapevo ancora bene l’inglese. Per un attimo ho pensato di tornare a casa ma ho deciso di darmi il primo semestre di prova e alla fine non sono più voluta tornare. Sarò molto onesta perché ero molto spaventata all’inizio e ho pensato di aver fatto un errore, e in quei momenti il supporto dei miei genitori è stato fondamentale perché mi hanno aiutato e spinto a continuare e li ringrazierò per sempre. Poi mi sono cominciata ad abituare alla routine, l’inglese è diventato sempre più facile da capire e parlare e mi sono fatta degli amici veri, e ho capito che alla fine è stata la scelta più giusta che potessi fare. La cosa più difficile da affrontare è stata la mancanza della mia famiglia alla quale sono molto legata, per fortuna ho incontrato delle persone meravigliose che mi hanno trattato come se fossi parte della loro famiglia facendomi sentire a casa.

Se dovessi scegliere tre motivi per convincere qualcuno ad intraprendere questo percorso quali utilizzeresti?

Tre motivi per convincere qualcuno a venire in America direi: prima di tutto le amicizie meravigliose che formi con gente proveniente da tutto il mondo che ti rendono una persona più ricca sotto tutti i punti di vista. Poi è il modo migliore per imparare veramente l’inglese e non solo (parlo inglese fluentemente, capisco e comincio a parlare il portoghese, e sto iniziando anche con lo spagnolo). E infine, giocare a livello collegiale perché è un’esperienza completamente diversa da ciò a cui siamo abituate. Ci sono altri motivi ovviamente ma questi sono i tre principali a mio parere.

Da quando sei partita ad oggi. Come sei cambiata come persona? Cosa ti ha dato in più l’esperienza da studente-atleta?

Sono cambiata molto come persona, sono meno timida e ho meno problemi ad esprimere la mia opinione di fronte a più persone. Sono più indipendente e ho imparato cosa significa vivere da sola e dover prendermi cura di molte cose: la lavatrice, la spesa, gli spostamenti. Sono anche più sicura di me stessa, come persona e come giocatrice di pallavolo. Come ho già detto prima, essere a contatto con così tante persone diverse da me ha arricchito il mio bagaglio culturale e mi ha fatto aprire gli occhi su quante diverse realtà esistono intorno a noi. Ho affrontato molte mie paure e mi sento più matura e più felice.

Raccontaci due momenti opposti: il momento più complicato e quello più bello? 

Il momento più complicato è stato decisamente le prime settimane del mio primo anno, nelle quali come spiegavo prima, ho avuto qualche ripensamento e ho avuto qualche difficoltà ad ambientarmi subito. Il momento più bello non so se sono in grado di sceglierlo quindi ne dirò qualcuno: il viaggio a New York con i miei amici per la Spring Break lo scorso anno, rivedere i miei amici ad agosto dopo essere stati lontani per l’estate (e in quel momento ho capito quanto queste amicizie fossero importanti per me), e la vittoria del campionato della stagione appena finita. Ce ne sarebbero molti altri ma questi sono i primi a cui ho pensato.

Quali caratteristiche deve avere uno studente-atleta che vuole intraprendere questo percorso?

Per intraprendere questa esperienza una persona deve essere sicura al 100% di volerlo fare perché può essere difficile e – se non si è convinti – è facile mollare alla prima difficoltà. Penso sia importante essere consapevoli di ciò che si sta facendo e avere bene in mente sia i pro che i contro. Bisogna avere una mentalità aperta perché è molto diverso da ciò a cui siamo abituati, e bisogna essere pronti a uscire dalla propria zona di comfort. È importante accettare di fare errori, specialmente nel parlare inglese e in generale se non si è mai stati da soli in una situazione del genere perché è normale non essere sicuri e commettere errori. Per concludere bisogna amare molto lo sport per cui si parte perché diventa come un lavoro qui ed è importante essere molto motivati e avere passione, altrimenti si rischia di trovare grandi difficoltà per la quantità di lavoro che viene messo nello sport.

Per concludere, quali sono state le persone più importanti per te negli States che ti hanno aiutato nell’inserimento e in tutta la tua esperienza?

Le persone più importanti sono state in primis i miei genitori e la mia famiglia senza i quali sarei probabilmente tornata in Italia dopo il primo mese e mi sarei poi pentita molto. Mi hanno sempre supportato in questa mia scelta, nonostante sia stato difficile per loro lasciarmi partire e stare così lontani per tutto questo tempo. Hanno condiviso con me vittorie e fallimenti e mi sono sempre stati vicini in tutto. Poi gli amici che ho trovato qui a Park University (e una ragazza della mia altra scuola con cui ancora sono molto legata) sono stati fondamentali nel rendere la mia esperienza così bella. Loro sono anche il motivo per cui tornare a casa alla fine dei miei studi sarà molto difficile.