La storia di Chiara Mottola è di quelle da prendere come esempio.
Si è aperta con noi, ci ha raccontato nel dettaglio le sue esperienze a livello accademico, gli spostamenti, la capacità di adattamento sino al lavoro di oggi. Una lunga intervista dove il NEVER GIVE UP appreso in campo si riflette anche nella vita. Da un salto nel vuoto ad un’esperienza unica. Perseveranza e determinazione sono i principi sui quali Chiara ha basato la carriera da studente-atleta.
Sei arrivata negli States per frequentare un Junior College, poi ti sei trasferita in un altro sino a raggiungere Carolina University dove hai concluso il percorso di laurea ed ottenuto un Master. Raccontaci il tuo “viaggio” accademico, i vari step affrontati ed i titoli ottenuti!
Ho iniziato la mia esperienza a Marshalltown Community College, in Iowa. Era un po’ sperduto nel mezzo di niente, ma le persone che ho incontrato sono state incredibili e mi hanno aiutato tanto durante il primo anno lontano da casa. Con molti di loro ho ancora un bellissimo rapporto e ci vediamo occasionalmente durante l’anno. In quel primo anno ho migliorato il mio inglese drasticamente (non avevo italiani nel mio primo college quindi ho dovuto adattarmi ed imparare la lingua).
I corsi di studio non erano troppo difficili, il primo anno sono principalmente tutte classi basi: matematica, diversi corsi di inglese e scrittura, public speaking. Il secondo anno mi sono spostata a New York, Monroe College con la mia migliore amica. Siamo rimaste lì per il primo semestre, il secondo semestre lo abbiamo concluso online a causa del Covid. Durante quell’anno ho avuto molte classi di accounting, finanza, management e marketing. Alla fine di questi due anni ho ricevuto l’Associate degree. Il terzo anno mi sono spostata in North Carolina, a Carolina University e come hai già detto qui sono rimasta fino alla fine dei miei studi.
Ho concluso il bachelor in Business Administration lo scorso maggio, mi sono laureata con un 4.0 GPA e riconoscimento di Summa Cum Laude. Mentre completavo il bachelor ho iniziato a frequentare classi del livello del master, e questo mi ha permesso di laurearmi a dicembre 2022 con l’MBA in Management sempre con un GPA di 4.0.
Un percorso intenso che sicuramente è stato impegnativo ma che ti ha dato grandi soddisfazioni: in cosa credi questa esperienza ti ha migliorato?
Sicuramente ho imparato ad essere indipendente, a cavarmela da sola, e risolvere i miei problemi. Immagino che a questo punto sarò in grado di adattarmi ad ogni tipo di esperienza. La mentalità è cambiata molto, ho conosciuto persone da ogni parte del mondo, diverse lingue, culture, abitudini ed ognuno mi ha lasciato qualcosa di importante. Ho imparato ad apprezzare i valori che la mia famiglia mi ha sempre trasmesso perché viaggiando ti rendi conto che non tutti hanno avuto lo stesso privilegio. In generale, ho capito meglio che persona sono e cosa voglio fare nel futuro.
Oggi hai ricevuto un’offerta di lavoro nel dipartimento Risorse Umane di Carolina University: quale sarà il tuo compito?
Ho iniziato a lavorare nel Business office della scuola più di un anno fa come student-worker. Assistevo la manager delle risorse umane e mi occupavo dei salari dei dipendenti. Durante quest’anno ho acquisito più responsabilità e mansioni da svolgere sempre incentrate sul payroll e le risorse umane. Attualmente il mio titolo è Payroll Manager, ma mi occupo principalmente di tutta la parte inerente alle HR del college.
Parliamo di pallavolo: qual è stato il tuo impatto dall’Italia agli States? Quali le principali difficoltà che hai dovuto affrontare?
La pallavolo in sé rimane molto simile a quella italiana, tranne qualche regola diversa che a primo impatto sconvolge un po’, come per esempio cambi illimitati e il libero che batte. Ciò che cambia molto è tutto il contorno. Giocando per il college sei per tutti un modello da seguire, i tuoi comportamenti si riflettono sulla squadra, sul programma, e sul college in sé. È importante seguire le regole, ed essere sempre un modello intorno agli altri. Le difficoltà che ho spesso affrontato sono state di natura fisica. In Italia ero abituata ad allenarmi tre volte a settimana, con una o due partite nel mezzo. Qui ci si allena ogni giorno per due ore, le partite variano molto, potresti averne 4 o 5 in una stessa settimana, a volte più di una al giorno. I pesi e la preparazione fisica sono stati abbastanza duri inizialmente. I preparatori atletici tengono molto a questa parte della fisicità e al “never give up”.
Molti di loro vogliono farti diventare più grande e forte muscolarmente e per questo devi impegnarti molto durante le sedute in palestra. Inoltre, si fa anche molta preparazione fisica con corsa e scatti. Ci sono molte più “punizioni”: se la squadra, o un singolo membro del team fa qualcosa di sbagliato, spesso l’intero gruppo subisce le conseguenze, che di solito sono scatti alla fine dell’allenamento.
Una vita totalmente diversa ed impegnativa. Qual è la routine di uno studente-atleta? Qual è stata in questi anni la tua giornata tipo?
La routine è abbastanza impegnativa. Il mio ultimo semestre si è svolto in questo modo. Avevamo pesi il lunedì e mercoledì dalle 8 alle 9. Molte delle classi per gli undergraduate students sono la mattina e il primo pomeriggio, quindi la maggior parte delle mie compagne di squadra andavano in classe subito dopo. Io usavo il mio tempo la mattina per andare al lavoro.
Avevamo allenamento tutti i giorni dall’una alle tre, e dovevamo stare in palestra 30 minuti prima per montare la rete, e se avevi bisogno del trattamento dalla fisioterapista dovevi andare anche prima. Dopo l’allenamento ci facevamo la doccia, cena alle ore 5 (veramente presto per i nostri orari, ma ad un certo punto ci si abitua) e le mie lezioni iniziavano alle 6 del pomeriggio, fino alle 9. Durante la settimana poi altri sport avevano partite, quindi andavamo spesso ad assistere alle gare di calcio e basket. Bisogna imparare a trovare del tempo per studiare, riuscire a finire tutti i compiti, e trovare anche un po’ di tempo per uscire con gli amici.
Per concludere, come ci si prepara da un punto di vista accademico, sportivo e personale ad un’avventura del genere?
Personalmente ho fatto un salto nel vuoto la prima volta che mi sono trasferita qui. Avevo una decente base di inglese, ma l’ ho assolutamente migliorato qui con l’esperienza e la quotidianità. Bisogna circondarsi di persone che ti fanno stare bene e che ti aiutano, specialmente durante il primo anno che è il più duro dal punto di vista nostalgico. Il mio consiglio più grande è probabilmente non pensarci e prepararsi troppo. Chiudi gli occhi e salta, altrimenti potresti ripensarci due volte! In bocca al lupo!