“L’esperienza che ho vissuto negli Stati Uniti è stata unica e nonostante sia terminata un anno e mezzo fa, spesso ricordo i momenti più belli e intensi vissuti al college. Il mio percorso di laurea è stato molto interessante e coinvolgente ed ho avuto l’opportunità di imparare e lavorare con professori tra i migliori nel proprio campo: da Economia a Marketing, Finanza, Management per le aziende ecc. Mi rendo conto di aver acquisito delle competenze molto specifiche, a livello umano e relazionale, come anche professionale. Tutti elementi che credo mi possano dare un vantaggio rispetto a chi non ha fatto il mio stesso percorso di studi. Allo stesso tempo ho giocato per la squadra di pallavolo dell’ università. In campo ho trovato una famiglia, nonostante il gruppo mutasse ogni anno, ho incontrato persone fantastiche e formato amicizie che spero dureranno per sempre. Hofstra è una buonissima università ed il programma sportivo pallavolistico che offrono è serio e molto competitivo. Mi ritengo soddisfatta sia da un punto di vista accademico che sportivo.”
La premessa ed il bilancio sono quelli di Michela Rucli, ex studente-atleta di Hofstra University, New York, che analizza un aspetto essenziale, rimarcando una grande differenza tra USA ed Italia: “In Italia siamo convinti che per essere un ottimo studente, non si possa fare l’atleta, e viceversa. Negli States invece spesso gli studenti atleti sono i migliori della classe. Il lavoro e il costante impegno vengono altamente considerati e stimati sia dai professori che dagli allenatori. Riuscire in entrambi i campi vuol dire essere i migliori. Ogni anno infatti tutti gli studenti atleti con il migliore GPA (media scolastica) vengono premiati ed ammirati. È qualcosa che ti stimola a fare il massimo e ti sostiene nei momenti difficili. Essere considerati e soprattutto rispettati come atleti ti consente di impegnarti su entrambi i fronti.”
Essenziali differenze da un punto di vista accademico ed importanti differenze in campo: “Il mondo della pallavolo americana è significativamente diverso da quello italiano. I livelli in America sono numerosi e possiamo dire che nella Division I spaziano da una serie B1/B2 ad una serie A1 in Italia. Inoltre, il gioco è tendenzialmente più veloce: le alzate più spinte, le ricezioni più tese e gli attacchi più veloci. Tutto ciò perché si vuole giocare di anticipo. Sostanziali differenze sono anche il fatto che il libero può battere (e solitamente lo fa), e che il pallone può essere rigiocato anche se tocca il soffitto. Negli States grande attenzione è posta alla preparazione fisica e a tutto il lavoro in palestra che ne consegue, gran parte dell’allenamento con i pesi è svolto in un’ottica di prevenzione infortuni.”.
Una esperienza lontano da casa, dalla famiglia, dal proprio Paese è per forza di cose un qualcosa che ti cambia: “Gli Stati Uniti, per molti versi, mi hanno cambiato in meglio come persona ed atleta. In campo sono migliorata nella lettura delle situazioni di gioco. Per me che sono centrale infatti, saper leggere il gioco ed in particolare il palleggiatore avversario è indispensabile, soprattutto per la riuscita del muro. Essendo abituata al gioco veloce americano, tornata in Italia non ho avuto difficoltà in questo campo ed anzi mi sento molto migliorata.”.
Un percorso che oggi l’ha portata a giocare in Serie A2: “La mia carriera sino ad oggi è stata una crescita continua. Oggi giocare a Martignacco è un grande traguardo ed onore. Sono felice e grata per quello che ho raggiunto, soprattutto in questo periodo difficile in cui tante atlete, tanti atleti ed appassionati non hanno la possibilità di allenarsi e giocare. Il mio obiettivo quotidiano è migliorare ogni giorno e cercare di crescere ed imparare da tutti i professionisti che mi circondano. Sono ambiziosa, voglio mettermi ogni volta alla prova, step by step, cercando di arrivare il più in alto possibile. Giocare nella massima categoria in Italia sarebbe davvero il top, ma mi piacerebbe moltissimo anche fare esperienze all’estero. È un qualcosa che ti arricchisce.”