Il lavoro oggi nell’ufficio stampa di Fondazione Milano – Cortina 2026, l’esperienza da studente-atleta ieri. Abbiamo fatto una bella chiacchierata con Sara Gasparotto che ci ha raccontato la sua esperienza diretta, le prime difficoltà, i ricordi più belli, le skills acquisite e tanto altro.
Partiamo dalla fine, o meglio da un bilancio generale: cosa ti ha dato questa esperienza? In primis come atleta e poi soprattutto come persona.
L’esperienza in America mi ha dato tantissimo. È sempre stato il mio sogno poter vivere un’opportunità come questa, immergendomi completamente in una cultura nuova vivendo esperienze che difficilmente avrei avuto l’occasione di affrontare in altri contesti. Come persona, mi ha reso più indipendente, flessibile e mi ha dato sicuramente più fiducia in me stessa e nelle mie capacità.
Come atleta, ho avuto l’opportunità di crescere in un ambiente altamente competitivo, confrontandomi con uno stile di pallavolo diverso da quello italiano. La cosa per cui sono più grata, è che gli anni in college mi hanno permesso di concentrarmi sulla pallavolo, giocare e migliorare senza però dover sacrificare lo studio o le esperienze che speravo di vivere. Non ho dovuto rinunciare a nulla, e ho trovato un equilibrio che mi ha arricchita sotto ogni punto di vista.

Raccontiamo spesso di come si sviluppa la vostra vita negli Stati Uniti: qual è stato l’ostacolo più grande da superare? Un momento, qualcosa in campo o nel percorso accademico. Una difficoltà iniziale che sei poi riuscita a superare e dalla quale hai appreso una lezione.
Adattarsi ad una nuova routine e una vita completamente diversa a quella a cui ero abituata è stato difficile. All’inizio ti senti perso e spaesato, ma quando riesci a trasformare la confusione generale in curiosità, e smetti di cercare di controllare ogni cosa, diventa tutto più semplice. Con il tempo ti accorgi che quelle cose che inizialmente trovavi anomale o scomode diventano parte della tua routine – è una sensazione strana, ma allo stesso tempo bellissima. Mettere in discussione le mie sicurezze e abitudini, dalle piccole alle grandi cose, mi ha aperto la mente e spinto a riflettere molto.
Non essere completamente fluente nella lingua mi infastidiva molto e aggiungeva una difficoltà ulteriore a tutto il resto. Mi ricordo benissimo l’imbarazzo di dover presentare un progetto davanti alla classe, con la paura di dire parole sbagliate o di essere giudicata per il mio accento. Essendo un po’ secchiona, ricevere comunque buoni voti è stata una grande soddisfazione e mi ha spronato a continuare ad impegnarmi.

Fortunatamente il gioco è stata una costante su cui ho potuto fare affidamento fin da subito. Lo sport parla la stessa lingua, e in partita o allenamento uno sguardo scambiato con le mie compagne era spesso sufficiente e più efficace delle parole. Era liberatorio andare in palestra e finalmente rientrare in una confort zone, dove mi potevo esprimere liberamente facendo quello che amavo fare, e che sapevo fare, senza dovermi preoccupare di coniugare altri verbi.
Il momento più bello vissuto in campo
Ci sono stati tanti momenti speciali, ma uno dei più emozionanti è sicuramente stato la semifinale dei playoff durante il primo anno. Era una partita difficilissima, che nessuno si aspettava che vincessimo. E invece abbiamo sorpreso tutti, pure noi stesse, conquistando per la prima volta nella storia del programma un posto in finale. Anche se poi abbiamo perso al tie-break, è stato un momento che ci ha unite e ci ha dimostrato fino a dove potevamo arrivare. È stata la coronazione perfetta (o quasi) di un anno intenso ma bellissimo, una stagione che ha gettato le basi solide per tutto il lavoro che abbiamo continuato a fare nelle stagioni successive.
Qual è una cosa che ti ha piacevolmente sorpreso degli Stati Uniti parlando di vita quotidiana? Magari qualcosa che non ti aspettavi e che ti ha colpito in particolare.
Una cosa che mi ha sorpreso è stato il forte senso di comunità e il supporto che esiste nel mondo dello sport universitario. Ogni partita diventava un evento vero e proprio, con tifosi, studenti e famiglie che partecipavano attivamente. C’era un forte senso di appartenenza, sia all’interno delle squadre che nel campus in generale.

Ho sempre amato la cultura americana e ho trovato gli americani estremamente gentili e ospitali. Certo, non si può generalizzare, ma ho notato che le persone sono molto aperte e interessate a conoscere nuove culture. Un esempio lampante è stato quando, durante il periodo del COVID, un’amica della squadra di calcio si è offerta di ospitare me e la mia compagna italiana Greta con la sua famiglia per quasi tre mesi. È stato un periodo bellissimo. Ora sono loro a venirci trovare in Italia, e sono diventati a tutti gli effetti la nostra seconda famiglia.
Un percorso supportato da Sportlinx360: in cosa senti che il lavoro del team di Sportlinx360 sia stato essenziale nel realizzare questa tua esperienza?
Sportlinx360 è stato fondamentale, soprattutto all’inizio. Mi hanno supportato nella parte burocratica, nel contatto con i coach e nel processo di adattamento . Sapevo di poter contare su di loro per qualsiasi dubbio, ed è stato un grande conforto. Il fatto di avere un team esperto alle spalle ha reso tutto più semplice e meno stressante, permettendomi di concentrarmi solo sulla scuola e la pallavolo.

Bachelor of Arts in Communications + Master in Communication: quale skill in particolare hai appreso in termini professionali e lavorativi?
Le classi erano molto interattive e, grazie alla dimensione ridotta, c’era sempre un bel rapporto con i professori, che ci conoscevano per nome ed erano sempre disponibili.
Grazie al nostro corso di studi, abbiamo avuto tantissime opportunità di fare stage e di far parte di club e associazioni della scuola. Mettere in pratica ciò che imparavo in classe e approcciarmi da subito al mondo del lavoro è stata senza dubbio la parte più utile per il mio futuro professionale.
L’incarico attuale: Milano Cortina 2026
Attualmente lavoro nel team dell’ufficio stampa di Fondazione Milano Cortina 2026, il comitato organizzatore delle prossime Olimpiadi e Paralimpiadi invernali. Mi occupo in particolare delle relazioni con i media internazionali e di tutta la copertura mediatica fuori dall’Italia. È un’opportunità straordinaria che mi sta dando moltissimo, e so per certo che non avrei mai avuto un’opportunità simile senza il mio curriculum internazionale.
Ultima domanda: qual è il tuo obiettivo e la tua ambizione per il futuro in termini professionali?
Sicuramente mi piacerebbe rimanere nel mondo dello sport, anche se ora solo dietro le quinte. Nonostante sia tornata in Italia, il mio amore per l’America non è mai svanito, e mi sono sempre vista viverci. Non faccio ancora previsioni, ma non mi dispiacerebbe affatto se il mio “American dream” proseguisse alle Olimpiadi di LA 2028.